Il pittore dei sogni
Per chi crede al destino in una maniera o nell’altra Raffaele de Rosa doveva diventare un artista.
E’ nato a Podenzana d’Aulla e li è rimasto per diversi anni con i suoi nonni, e forse questo ambiente ha indirizzato la sua fantasia verso quel mondo che lui ama far vivere.
Da ragazzino non amava molto studiare, ma forse al principio inconsciamente ed in seguito in modo manifesto, l’arte era già in lui; egli racconta che la nonna gli regalo un violino e gli fece prendere delle lezioni, così, diceva lei, si sarebbe guadagnato il pane suonando nei locali, nei ristoranti, o, nella peggiore delle ipotesi, per strada!
Sarà vero? O Raffaele narra il fatto a mo’ di battuta. Sta di fatto che l’arte, che in modo embrionale viveva in lui si stava facendo strada.
A quattordici anni iniziò a disegnare e a dipingere esercitandosi dal vero avendo cosi modo di conoscere la forma ed il colore. I paesaggi e le marine prendevano vita sulle tele in modo egregio, anche se sentiva che quello non era ciò che preferiva. Il suo vero interesse era rivolto a quel mondo fantastico nel quale aveva vissuto da bambino tra i racconti in cui si mescolavano realtà e fiaba della Lunigiana.
Quando vidi per la prima volta, ben trentadue anni fa’, le opere di Raffaele rimasi sconcertata: quegli uomini non più uomini ma macchine quegli uccelli senza piume ma ricoperti da lamine di acciaio, quegli alberi scheletriti ed infruttuosi, mi diedero un senso di freddo di inumano, troppo lontani dalle immagini che siamo abituati a vedere nella realtà e nei dipinti più usuali.
Poi conobbi l’autore: un uomo così semplice, così allegro e naturale nelle sue parole e nei suoi gesti! Amicone scherzoso ed ottimo ballerino, sempre pronto alla battuta, come poteva dipingere un mondo così lontano da lui? Poi frequentandolo un giorno dopo l’altro per lavoro ho iniziato a capire:
De Rosa vive due vite parallele : quella del quotidiano in cui è semplice e allegro, e quella interiore chiusa nel suo io più profondo. Teso a imparare, a conoscere, a sperimentare sentimenti che trovano vita sulle sue tele per raccontarsi e dare piacere a chi le guarda.
Ho già detto che da bambino non amava andare a scuola ( forse un ennesimo caso in cui i bambini rifiutavano la scuola per colpa degli insegnanti, i quali soffocavano ogni tentativo di creatività e fantasia), da adulto il suo animo è teso ad imparare tutto ciò che può, e non avendo molto tempo da dedicare alla lettura, ha scoperto il sistema di fare l’una e l’altra cosa contemporaneamente: mentre dipinge ascolta le cassette sulle quali alcuni artisti hanno inciso racconti e romanzi.
Nella sua continua ricerca si è appassionato ad un periodo della storia e della letteratura strappato dal mondo contemporaneo trapiantandolo in quell’epoca. De Rosa vive in un mondo tutto suo fatto di cavalieri “ senza macchia e senza paura” chiusi nelle loro armature ed unisce in un idealistico parallelo quel mondo con quello attuale.
La natura si vuole difendere, l’uomo si rinchiude in lamine di acciaio, così i cavalli e gli uccelli; gli alberi divengono di pietra pur conservando le più belle e suggestive sfumature di colore.
Si susseguono così il periodo di “Don Chisciotte”, quello delle “Favole della Lunigiana” e così via.
Sentendolo raccontare sono entrata anch’io nel mondo fantastico di De Rosa ed ho capito; il suo messaggio e guardando le sue opere mi sembra di vivere il suo pensiero, di camminare in quei freddi boschi osservando essere umani non più umani domandandomi:- Non siamo forse noi tutti degli automi?…
adesso i suoi cavalieri si sono liberati dell’armatura: i volti scoperti, i capelli al vento, il mondo che li circonda è fantastico ma pieno di vita, i castelli che si arroccano sui monti, si protendono verso l’alto a voler dire:” la vita è bella e domani lo sarà ancora di più”…
Letizia Biagini da Arte a Livorno